Donne in Piazza

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25 settembre 2021
Manifestazione nazionale a Roma
“DONNE IN PIAZZA”

“Ripresa? La rivoluzione della cura è tutta un’altra storia!”

Tull Quadze in lingua pashtu significa Tutte le donne: è la prima grande manifestazione “per prendersi cura del mondo”.

ALCUNI DEI DIVIETI DEI TALEBANI

DONNE

– Assoluto divieto per le donne di lavorare fuori di casa  (solo alcune donne medico e infermiere hanno il permesso di lavorare in alcuni ospedali a Kabul).

– Assoluto divieto per le donne di esercitare attività fuori della casa se non accompagnate da parente stretto, padre, fratello o  marito.

– Divieto per le donne di trattare con esercenti maschi.

– Divieto per le donne di essere assistite da dottori maschi.

– Divieto per le donne di studiare in scuole, università o altre istituzioni educative.

– Obbligo per le donne di indossare un lungo velo (Burqa) che le copra integralemente .

– Sono previste frustate e violenze anche verbali per le donne non abbigliate secondo le regole o per le donne non accompagnate da un uomo.

– Frustate pubbliche per le donne che hanno le caviglie scoperte.

– Lapidazione pubblica per le donne accusate di avere relazioni sessuali al di fuori del matrimonio.

– Divieto di uso di cosmetici. (A molte donne con unghie dipinte sono state tagliate le dita).

– Divieto per le donne di parlare o di dare la mano a uomini.

– Divieto per le donne di ridere ad alta voce.

– Divieto per le donne di portare tacchi alti; le donne non devono fare rumore.

– Divieto per le donne di andare in taxi senza un parente maschio.

– Divieto per le donne di essere presenti in radio, televisione, o incontri pubblici di qualsiasi tipo.

– Divieto per le donne di praticare sport o di entrare in un centro sportivo o in un club.

– Divieto per le donne di andare in bicicletta o motocicletta anche se in compagnia di un parente maschio.

– Divieto per le donne di indossare vestiti con colori vivaci. I colori vivaci, per i talebani, sono colori ‘sessualmente attraenti’.

– Divieto per le donne di incontrarsi in occasioni di festa o per scopi ricreativi.

– Divieto per le donne di lavare i vestiti vicino a fiumi o in luoghi pubblici.

– Qualsiasi luogo, piazza, via o altro, che porti un nome di donna  è stato abolito.

– Divieto per le donne di apparire sui balconi dei loro appartamenti.

– Tintura obbligatoria di tutte le finestre affinchè le donne non possano essere viste nelle loro case.

– Divieto per i sarti maschi di prendere le misure di una donna e cucire vestiti femminili.

– Aboliti i bagni pubblici femminili.

– Divieto per uomini e donne di viaggiare sugli stessi bus. I bus saranno destinati ‘solo per uomini’ o ‘solo per donne’.

– Divieto di pantaloni larghi anche sotto un burqa.

– Divieto per le donne di fotografare o filmare.

– Divieto di scattare foto alle donne per giornali, libri e/o di appenderle sulle pareti delle case e dei negozi.

TUTTI

– Vietato ascoltare musica sia per  uomini che per le donne.

–  Vietato guardare film, televisione e video.

– Vietato celebrare il capodanno (che per loro è 21 marzo).

– Abolito il Giorno del Lavoro (1 maggio) perché è considerata una festa “comunista”.

–  I giovani afghani devono tagliarsi i capelli.

–  Gli uomini devono indossare vestiti islamici.

– E’ impedito agli uomini di radere le loro barbe che devono essere lunghe, molto oltre il mento.

– Obbligo per tutti di seguire le preghiere nelle moschee cinque volte al giorno.

– E’ vietato custodire piccioni e farne animali d’affezione.

– E’ vietato far volare aquiloni.

–  Sono stati messi all’indice diversi libri e chi ne sarà trovato in possesso sarà punito con la morte.

– Chiunque si converta, dall’Islam, a un’altra religione sarà punito con la morte.

– Tutti gli studenti devono portare il turbante.

– Le minoranze non mussulmane devono portare un contrassegno distintivo o cucire un pezzo di tessuto giallo sui vestiti per differenziarsi dalla maggior parte della popolazione che è mussulmana. (Sembra tanto la stella gialla degli ebrei).

Roma, 8 luglio 2021 L’ASSEMBLEA DELLA MAGNOLIA

Il Covid ci ha dato ragione. Lo abbiamo gridato esattamente un anno fa, l’8 luglio del 2020, nel pieno della pandemia, nella nostra prima Assemblea della Magnolia, che ha visto l’adesione dei tanti luoghi delle donne e di tantissime altre donne, associazioni, singole, donne dei movimenti e delle istituzioni. Diverse ma insieme, riunite per capire cosa era successo e cosa ci era successo, ma anche per riprendere parola pubblica.

Oggi, come ieri, è sempre più necessario.

Il Covid ci ha dato ragione, ma la lezione del Covid rischia di essere messa tra parentesi. Contro l’unanimismo imperante, serve un’altra visione, pensieri lunghi e scelte coraggiose per non ripetere le vecchie ricette, per non riproporre la follia dello stesso modello di produzione e di consumo, che distrugge l’ambiente e determina lo sfruttamento delle persone e degli animali, per non rilegittimare il fallimento delle politiche liberiste, che hanno costruito disuguaglianze, povertà, smantellato i sistemi pubblici di protezione sociale e di tutela dei diritti del lavoro.

E’ stata, quella del Covid, una crisi della cura, ma il cambiamento non c’è.

Anni e anni di tagli, privatizzazioni, riduzione dei servizi alla persona, assunzione del mercato come unica regola della vita, hanno prodotto una società più ingiusta. Persino la politica dei vaccini, condizionata dalle grandi corporation farmaceutiche, ha dimostrato che la salute e la vita dei più è subordinata al profitto di pochi.

Lo stato sociale non c’è più: lo hanno trasformato da un sistema per sostenere la fruizione dei diritti e la costruzione dell’uguaglianza, a un coacervo di misure per attenuare le povertà e le disuguaglianze determinate dalle politiche liberiste, dalle privatizzazioni e dall’innovazione. Le politiche sociali praticate oggi, lungi dall’essere strumento della lotta delle donne per la loro libertà, rischiano di ribadirne il destino subalterno, meritevole al massimo di un bonus di sostegno finanziario.

Nella sanità, abbiamo scoperto che da anni opera un’organizzazione ormai gracile, pronta a polverizzarsi, che le Residenze per anziani sono diventate luoghi di deposito e di parcheggio dei corpi. Da quei luoghi tanti, troppi se ne sono andati in silenzio. Colpiti, perché vecchi, dalla violenza che li considera improduttivi e considera inutile la loro esistenza. Così come è violenza aver costretto tante donne a sacrificarsi per tenere insieme i bisogni dei piccoli e dei grandi.

Il Covid ha evidenziato che la crisi climatica che sta mandando al collasso il pianeta non ha soluzione senza le donne e senza la parità di genere non può neanche realizzarsi la giustizia climatica e un vivibile modo di stare al mondo.

La pandemia, precipitata addosso a una società già resa fragile dalle politiche liberiste, ha rovesciato sulle donne il peso di tutte le fragilità.

Oggi le donne – e tra le donne soprattutto quelle straniere – sono più povere, più precarie e il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione sono stati di ben poco aiuto per evitare la perdita dei loro posti di lavoro. Tutte le scelte di gestione dell’epidemia hanno prodotto un aumento della fatica delle donne, dalla DAD, al cosiddetto smart working, al contingentamento e al distanziamento, alle restrizioni per anziani, malati e disabili. Le donne, impiegate prevalentemente nei servizi, nell’assistenza e nel commercio, hanno dovuto in gran numero restare a lavorare in presenza, a prendere i mezzi pubblici, per consentire a tutti gli altri di rispettare i lockdown, neppure difese dagli accordi stipulati, dopo aspre battaglie, dai sindacati con le imprese.

Una società incapace di prendersi cura dei viventi, è una società non solo ingiusta, ma anche più fragile, più esposta.

Come ha scritto il Gruppo delle femministe del mercoledì, il Covid-19 ha scoperchiato la vulnerabilità dei nostri corpi, trasformato i ritmi della giornata. Le abitudini sono state sradicate dalla dilatazione del tempo che ha reso difficili le relazioni. Non solo nella cerchia più stretta ma là dove c’era la possibilità di incontro con gli altri, gli estranei, capace di produrre curiosità e scoperte. Qualcuna si chiede se stiamo accettando di sopravvivere rinunciando a vivere.

La presenza del Covid-19 ha cancellato dalle menti le rivolte contro i regimi e le stragi per reprimerle; le lotte delle donne per le libertà negate; le guerre; i disastri ambientali sempre più incontrollabili. Naufraghi chiedono soccorso per giorni nell’indifferenza dell’Europa, muoiono nel Mediterraneo mentre il presidente del Consiglio italiano va in Libia e ringrazia la guardia costiera per i migranti “salvati”.

La nostra società è stata abbandonata all’incuria. La pandemia l’ha scoperta e aggravata. Per questo noi vogliamo cambiare il punto di vista con cui si guarda al mondo. Vogliamo una società e delle comunità che non sfruttano, non estraggono ricchezza dagli altri e dal pianeta, ma se ne prendono cura, lo custodiscono. Una società dei beni comuni.

Noi vogliamo avviare la “rivoluzione della cura”, che per noi significa passare da un mondo in cui tutto si misura per prestazioni a un mondo in cui diventano fondamentali le relazioni; che per noi significa un posizionamento politico e culturale, per ricostruire il legame sociale, per una nuova idea di politica e di giustizia basata sull’interdipendenza e sulla relazione per ridisegnare un nuovo modo di stare al mondo. Una rivoluzione della cura che si contrappone alla cosiddetta “care economy” oggi usata per coprire e per “modernizzare” la crisi del welfare, di fatto per rendere inesigibili i diritti che il welfare ha storicamente assunto dalla carta costituzionale. Una rivoluzione della cura che mette al centro il rispetto dell’altro, i diritti e le libertà di tutte e di tutti, a partire dal diritto alla cittadinanza e dal riconoscimento di tutte le soggettività LGBTQ+.

Di tutto questo non vi è traccia, non solo nel PNRR ma anche nella visione politica del governo. Cambiare rotta comporta scelte non indolori. Ma l’insufficienza del PNRR non ammette silenzi. Rivendichiamo un approccio radicale e femminista, per cambiare i meccanismi sociali ed economici che proteggono un sistema di potere fatto di gender pay gap, di cultura della violenza e dello stupro, di cristallizzazione dei ruoli di genere nelle famiglie, di connivenza con la cultura patriarcale. Rivendichiamo di essere femministe e quindi contro le guerre, contro l’aumento delle spese militari e per la proibizione assoluta delle armi nucleari.

E chiediamo
– che il welfare pubblico non sia residuale, che a ogni investimento di risorse europee corrisponda un necessario aumento di spesa corrente, per garantire che gli impegni, a partire da quello pur del tutto insufficiente per la costruzione di nuovi asili nidi, non restino soltanto sulla carta;
– che i servizi non debbano essere sostituiti dai bonus e dal modello di acquisto di prestazioni individuali nel mercato dei fondi assicurativi ;
– che siano garantiti i livelli essenziali di assistenza per i servizi sociali;
– che gli ammortizzatori sociali garantiscano tutti i tipi e le forme di lavoro;
– che, indipendentemente dal lavoro, sia garantito un reddito che chiamiamo di dignità e autodeterminazione, per tutti, ma soprattutto per le donne, per uscire dalle situazioni di violenza; – che, grazie al potenziamento del welfare e della PA (ambiti dove è prevalente l’occupazione femminile) siano realmente aumentati i posti di lavoro per le donne;
– che per ogni progetto e per tutte le politiche sia garantita – e governata da una rigorosa equa rappresentanza di genere – non solo una valutazione ex ante ma anche un monitoraggio ex post rispetto alla ricaduta in termini di occupazione femminile, di lavoro delle donne, sicuro e di qualità;

– che siano resi espliciti gli obiettivi del tasso di occupazione femminile– come aveva fatto l’Europa per il 2020; di quanto si vuole aumentare l’occupazione delle donne e entro quando?
– che sia sostenuto una grande piano nazionale contro la precarietà, modificando le attuali regole del mercato del lavoro, garantendo che a lavoro stabile corrisponda sempre una lavoratrice stabile, e non invece una lavoratrice a part time, con partita IVA o retribuita con voucher;

– che si controlli ogni forma di abuso per l’utilizzo del part-time come “obbligatorio” per le donne e dello smart working come strumento di flessibilità governata solo dall’impresa;
-che si garantiscano dignità, diritti, tempi di vita per tutte e tutti;
– che vengano riconosciuti e finanziati i luoghi delle donne, perché luoghi politici femministi, di promozione di empowerment e di libertà femminile.

Come ci ha insegnato il Covid, il cambiamento, profondo e radicale, è necessario. Ma ancora non c’è, né ci sarà, senza le donne!

Per questo, oggi più di ieri, serve la cultura e il pensiero delle donne, la mobilitazione, la conflittualità, la forza delle donne. Per questo dall’Assemblea di oggi, tutte insieme, diverse ma unite, lanciamo questo appello che è rivolto alle donne, a tutte le donne, ma che intende entrare in connessione con tutte le esperienze e realtà che hanno costruito pratiche sociali, di resistenza e di progettualità. Chiediamo di discuterlo e, se si vuole, di condividerlo, sottoscriverlo. Il nostro obiettivo è costruire insieme un percorso, per promuovere una grande manifestazione di donne, di tutte le donne, ma anche di tutti quelli che sono consapevoli che la rivoluzione della cura è una necessità per il mondo, per le nostre società, per le nostre vite.

Adesioni:

Maura Cossutta, Michela Cicculli, Ada Donno, Floriana Lipparini, Giulia Rodano, Laura Onofri, Susanna Camusso, Monica Di Sisto, Nicoletta Dentico, Maria Luisa Boccia, Maria Luisa Celani, Angela Ronga, Giorgia Serughetti, Livia Turco, Lea Melandri, Libera Università delle Donne di Milano, Casa delle donne di Milano, Casa delle donne di Lecce, Casa delle donne dell’Aquila, Ass. Donatella Tellini, Ass. Donne TerreMutate, Casa delle Donne di Torino, Casa delle donne di Pisa, CGIL Politiche di genere, Titta Vadalà, Antonia Sani, Adriana Nannicini, Laura Fortini, Francesca Koch, Barbara Romagnoli, Silvia Neonato, Elena Gagliasso, Oria Gargano, Marta Bonafoni, Be free, Arianna Ugolini, Nadia Palozza, Lella Palladino, Francesca R. Recchia Luciani, Festival delle donne e dei saperi di genere – Bari, Paola Patuelli, Teresa Manente, Differenza donna, Stefania Tarantino – Studi femministi, Monica Cirinnà, Alessandra Mecozzi, Annamaria Carloni, Silvana Pisa, Maristella Urru, Barbara Romagnoli, Barbara Piccininni, Bianca Pomeranzi, Maria Rosa Cutrufelli, Laura Storti, Loretta Bondi, Roberta Agostini, Nadia Pizzuti, Marina Del Vecchio, Stefania Vulterini, Teresa Lapis, Jessica Ferrero, Pina Mandolfo, Anna Novellini, Concetta De Pasquale, Nadia Filippini, Teresa Lucente, Nadia Boaretto, SNOQ-Udine, Maria Pia Tamburlini, Manuela Maieron, Roberta Corbellini, Clara Orso, Chiara Zanetti, Chiara Gallo, Liviana Calabrò, Rita Martin, Rosalba Perini, Forum per il Diritto alla Salute Lazio, Medicina Democratica Roma, Rosalba Perini, Andreina Baruffini, WILPF Italia, Giovanna Martelli, SNOQ Torino, Coordinamento Nazionale Comitati SNOQ, Maria Teresa Sorrentino, Enrica Guglielmotti, Laura Cecilia Rizzo, Anna Vernarelli, Elisabetta Papini, Vita di donna, Susanna Stivali, Silvia Neonato, Nadia Filippini, Alisa Del Re, Rosaria De Matteis, Angela Sajeva, Anna Maria Carloni, Dalila Novelli, Patrizia Sterpetti, Costanza Fanelli, Isabella Peretti, Lisa Canitano, Donatella Artese, Enrica Manna, Beatrice Pisa, Maria Teresa Santilli, Silvana Pisa, Luisa Rizzitelli, Stefania Vulterini, Maria Grazia Ruggerini, Muovileidee Associazione Culturale, Maria Fabbricatore, Maria Antonietta Macciocu, Stefanella Campana, Ass. Fairwatch, Eleonora Data, Delia Murer, Ass. Le funambole, Luisella Zanin, Ass. POP idee in movimento, Stefania Graziani, Ass. Il Cortile-consultorio psicanalisi applicata, Anna Pizzo, Femministe della società della cura, Associazione cittadinanza e minoranze, Clara Bondesani, Coop. Sociale E.V.A., One Billion Rising Italia, Rebel Network, Assist Ass. Naz. Atlete, Benedetta Rinaldi Ferri, Maria Palazzesi, Carla Quaglino, Assolei Sportello Donna, Pasqualina Napoletano, Luisa Menniti, Associazione LeNove – studi e ricerche, Cattive Ragazze, Enrica Anselmi, Valentina Fasola, Milena Fiore, Giovanna Cuminatto, Pina Mandolfo, Centro cultura delle donne Hannah Arendt- Teramo, Gabriella Rossetti, Maritè Calloni, Anna Novellini, Rosaria De Matteis, Maria, Teresa Sorrentino, Enrica Guglielmotti, Laura Rizzo, Stefanella Campana, Eleonora Data, Luisella Zanin, Stefania Graziani, Clara Bondesani, Susanna Crostella, Rete Città delle donne Nazionale e Roma, ALEF Associazione Leadership e Empowerment Femminile, Gabriella Anselmi, Alberta De Simone, Marina Genti, Maurizia Guerini, Geni Sardo, Daniela Dacci

Giovanna Zitiello, Rita Martin, Tiziana Valpiana, Paola Meneganti, Vinzia Fiorino, Centro Mara Meoni-Siena, Annamaria Riviello, Paola Iacopetti, Rita Rocca, SNOQ Udine/Tolmezzo, Elettra Deiana, Daniela Polenghi, Anna Luisa Micheli, Associazione Toponomastica femminile, Margherita Granero, Associazione Rete Rosa, Rosetta Papa, Emilia Galtieri, Assunta Lentini, Isa Cortesi, Francesca Irene Thiery, Roma12incomune, Maria Paola Costantini, Simonetta Luciani, Senonoraquando Venezia, Daniela Fusari, Marilena Bertini-Medico Già presidente di CCM Comitato Collaborazione Medica, Anna Sburlati, Sofia Massia, Motta Maria Luisa (candidata Sindaca)- iscritta LUD di Cernusco e Casa delle Donne di Milano, Caterina Renzi, Caterina Fadda, Sara Pirrone, Francesca Verri, Antonella Grieco, Norberto Ceserani , Senonoraquando MARZI, Concetta, Titty Contini, Rete per la Parità, Rosanna Oliva de Conciliis, Paola Mastrangeli, Edda Billi, Giovanna Carnevali, Vanda Bouché, Fernanda Forte, Sabrina Alfonsi, Ginevra Diletta Tonini Masella, Daniela Boffa, Senonoraquando Cagliari, Rossilli Maria Grazia, Rosa Mendez, Immacolata di Matteo,

Donatella Ercolini, Amalia Auriemma, Micaela Bertoldi, Coord. per il Forlanini Bene Comune, Coordinamento Donne Spi Cgil Roma COL, Giuliana Brega

 

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